Leah Chase, a 93 anni la regina della cucina creola
La storia di Leah Chase è la storia degli Stati Uniti. A 93 anni, questa sorridente signora di colore è una vera e propria istituzione nel suo Paese. Presidenti come Bush e Obama si sono fatti immortalare in sua compagnia e questo mese diventerà la prima afroamericana a ricevere il riconoscimento della James Beard Foundation. Ma cos’ha di speciale questa anziana donna profondamente legata alle sue origini creole, che sembra trovarsi così a suo agio tra le mura del suo storico ristorante?
Proprio in occasione della notizia del riconoscimento, una reporter del NewYorker ha trascorso un’intera giornata presso il Dooky Chase, il ristorante a New Orleans che, come la sua proprietaria, può essere considerato un pezzo di storia del luogo. Appartentemente come fa ogni giorno, Leah Chase è arrivata al locale alle 7.30. Eppure non è una mattina come le altre: si tratta del giovedì santo, uno dei giorni più impegnativi per il locale. Leah Chase poggia il bastone di cui si serve per muoversi e, in previsione del servizio delle 11, inizia con sicurezza a spostarsi tra la preparazione di un piatto tipico e l’altro.
Maggiore di undici figli, Leah è cresciuta in Louisiana, a Madisonville. In seguito si era dovuta spostare a New Orleans per poter andare al liceo, dato che quelli nel suo paese originale non ammettevano gli afroamericani. Il ristorante entra nella sua vita nel 1946, dopo il matrimonio con Edgar Chase. A fondarlo erano stati i genitori del marito nel 1941.
Per molti anni Leah Chase ha abbracciato l’arte culinaria come un modo per esprimere ancora meglio il valore delle sue origini creole, che si possono ritrovare nell’utilizzo di ingredienti e nella preparazione di piatti tipici. Una difesa della tradizione che diventa quasi un simbolo, un altro elemento attraverso il quale far passare l’integrazione e la condivisione.
Come ricorda lei stessa, le cose iniziarono a cambiare dopo il Civil Rights Act del 1964: “Nel momento in cui si è riconosciuta l’integrazione, vedevi il modo in cui le altre persone facevano le cose, ed è venuto fuori che non c’era niente di sbagliato nei gamberetti Newberg”. Nel racconto della sua vita tornano personaggi come Martin Luther King, che lei chiamava “Big Daddy King”, o Ray Charles, che ha inserito il Dooky Chase nel testo della sua canzone “Early in the Morning Blues”.
Nel tempo, Chase ha collezionato pezzi di arte afro-americana, ha ricevuto la visita di Revius Ortique jr, primo giudice di colore eletto alla corte suprema della Louisiana, nel 2006 è stata testimone delle devastazioni provocate dall’uragano Katrina e nel 2008 ha rimproverato Obama per aver messo della salsa calda sul suo gumbo (uno stufato tipico del posto).
Tra i momenti più sentiti della giornata il ricordo dell’incoraggiamento del socio John Folse dopo l’uragano Katrina: “New Orleans non può andare avanti senza Leah Chase, tu servirai ancora gumbo al tuo ristorante al Giovedì Santo”. Quanto alla voglia di Leah di continuare a lavorare e a fare la propria parte, bastano le parole pronunciate a conclusione della giornata: “Continuo a farcela a 93 anni, e continuerò a farcela ancora a 95”.
Fonti: newyorker