Curcuma: un possibile aiuto contro Alzheimer e ictus
La curcuma è usata in India da oltre 5.000 anni come spezia, medicina e anche colorante grazie ai suoi numerosi componenti tra cui potassio, vitamina C e amido.
Si tratta di una radice arancione dalla forma contorta della curcuma longa, una pianta della stessa famiglia dello zenzero fonte ideale di elementi nutritivi, proprietà benefiche e principi attivi, da cui viene estratta la curcumina, una sostanza famosa per le sue proprietà antinfiammatorie (in particolare per le articolazioni) e antitumorali. Molto utile inoltre per prevenire l’invecchiamento della pelle, combattere i radicali liberi e molte delle scorie e delle tossine presenti nel nostro corpo. Oggi la curcuma è al centro di numerosi studi e le pubblicazioni scientifiche che la riguardano superano il centinaio.
Una ricerca australiana realizzata dalla Edith Cowan University a Perth, ha evidenziato i benefici della curcumina sulle funzioni cognitive, dopo aver osservato per dodici mesi, un campione formato da persone di età compresa tra i 40 e i 90 anni. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: ad alcuni è stato somministrato un farmaco placebo, ad altri una pillola contenente la spezia. Dopo soli sei mesi di osservazione e con l’aiuto di test sulle capacità verbali e mnemoniche, è stato evidenziato un iniziale declino cognitivo nel gruppo che aveva assunto il placebo rispetto a quello in cui era stata somministrata la curcuma.
Un altro studio recente, pubblicato sul British Journal of Nutrition e reso noto da Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei diritti, mette in luce il fatto che questa spezia, grazie al turmerone aromatico, un composto bioattivo in grado di bloccare le proteine anomale che scatenano alcune delle principali patologie neurologiche, potrebbe essere un potente alleato contro ictus e Alzheimer.
La ricerca infatti ha dimostrato che questa molecola è in grado, ad opportune concentrazioni, di stimolare la proliferazione (fino all’80%) delle cellule staminali neuronali presenti nel cervello adulto e accelerarne il differenziamento. L’aspetto fino ad oggi rimasto sconosciuto, però, riguarda l’impatto di questo composto sulla capacità di autoriparazione del cervello. Quindi, non saranno solo le persone affette dal morbo di Alzheimer a poter godere di questi risultati positivi, ma tutte quelle colpite da patologie neurologiche, primo fra tutti l’ictus.
Fonte: Agi.it – Telegraph.co.uk – Journal.cambridge.org