Decadimento cognitivo: quali sono i trattamenti non farmacologici
Negli ultimi decenni stiamo assistendo ad un progressivo invecchiamento della popolazione (in Italia 13,4 milioni di ultrasessantenni, il 22% del totale) e, di conseguenza, ad un aumento delle patologie neurodegenerative collegate.
Il decadimento cognitivo nelle persone anziane è sempre stato trattato da un punto di vista prettamente farmacologico. Oggi, però, dopo aver preso coscienza dell’importanza di mantenere il nostro cervello in costante allenamento per rallentarne il processo di invecchiamento, accanto ai trattamenti tradizionali si tende ad associare la stimolazione cognitiva come terapia non farmacologica, grazie anche alle scoperte delle neuroscienze che ne evidenziano il ruolo protettivo nei confronti del danno biologico degenerativo.
La stimolazione/riabilitazione cognitiva, infatti, assume importanza sia come fattore preventivo grazie ad un training programmato di esercizi, sia come metodo efficace per rallentare il declino delle funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio o la capacità di calcolo.
Cosa si intende con “stimolazione cognitiva”?
“Per molto tempo si è pensato che il nostro cervello fosse immutabile e statico e questo concetto precludeva, con il passare degli anni, ogni possibilità di cambiamento” ci spiega la Dott.ssa Manuela Donis, Psicologa, Psicoterapeuta e Brain Trainer “Con l’avvento di nuove tecniche di indagine, si è scoperto invece che il cervello è un organo dinamico, plastico e modificabile sia da un punto di vista strutturale che funzionale. Gli interventi di stimolazione cognitiva sono mirati e costruiti ad hoc per la persona e consigliati a livello preventivo, quindi anche prima della comparsa di forme di demenza.
Gli incontri durano generalmente un’ora e possono essere svolti sia individualmente, che in piccoli gruppi omogenei. Lo psicoterapeuta-brain trainer assegna esercizi specifici da svolgere con carta e penna o supportati da programmi computerizzati di crescente difficoltà. In entrambi i casi l’obiettivo finale è quello di stimolare/riabilitare le funzioni cognitive carenti e potenziare quelle residue.”
Quando è utile sottoporsi a questi percorsi riabilitativi?
“In generale la stimolazione cognitiva, oltre ad essere funzionale, è anche orientata al benessere globale dell’individuo. In seguito a lesioni cosiddette focali, come ictus, neoplasie, esiti di traumi cranici con decadimento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment) o patologie dementigene. Questi tipi di interventi hanno l’obiettivo di ripristinare o recuperare il più possibile le funzioni cognitive compromesse.”
In generale, in mancanza di segni di decadimento cognitivo, cosa si può fare per favorire un “invecchiamento attivo”?
“E’ importante e altamente consigliato mantenersi attivi sia fisicamente, praticando un’attività fisica in modo costante, cercando di seguire un regime alimentare bilanciato e riposando in modo adeguato, sia mentalmente. In particolar modo, in alcuni periodi della vita, le facoltà cognitive possono essere meno sollecitate” prosegue la Dott.ssa Alessandra Di Cola Psicologa, Psicoterapeuta, Brain Trainer “Cosa fare allora? Occorre mantenere il cervello attivo attraverso la lettura, i propri hobby e arricchendo le relazioni sociali. Anche fare i nonni e accudire i propri nipoti, potrebbe essere cognitivamente stimolante. Le tecniche di riabilitazione/stimolazione cognitiva, infine, possono costituire un ulteriore e valido supporto per potenziare le funzioni cognitive e apprendere nuove strategie di gestione della quotidianità, anche prima di sviluppare forme di demenza.”
Ci sono, invece, eventuali campanelli di allarme da tenere sotto controllo?
“Alcuni studi hanno recentemente evidenziato che il 5-6% degli individui over 65, ha un’alta probabilità di sviluppare una qualche forma di demenza. Fondamentale, quindi, individuare eventuali campanelli d’allarme da tenere monitorati, soprattutto se riguardano episodi di disorientamento temporo/spaziale, deficit di memoria e linguaggio perpetuati nel tempo. La precocità di una corretta diagnosi, infatti, può ridurne significativamente il decorso. Attenzione però a non cadere in facili allarmismi: se si tratta di episodi singoli o isolati, le cause possono essere ricollegabili a fattori di diversa origine o ad un periodo di stress o stanchezza.
Nel caso di difficoltà ripetute in un breve lasso di tempo, invece, è fondamentale rivolgersi al proprio medico di base (MMG) che indirizzerà verso professionisti in ambito pubblico e/o privato.”
Perfezionata in psicoterapia nella riabilitazione neurologica delle cerebrolesioni acquisite e in psicologia dell’invecchiamento con il metodo “Palestra di vita” di cui è conduttore, la Dott.ssa Manuela Donis, laureatasi presso l’Università degli Studi di Torino, è psicologa-psicoterapeuta ad indirizzo Adleriano e brain trainer. Utilizza tecniche di rilassamento induttivo ed immaginativo. E’ terapeuta EMDR (primo livello) e sessuologo clinico (riconosciuto F.I.S.S.). Svolge la libera professione presso studio privato in Vercelli ed è consulente presso alcune Rsa in città e provincia. Collabora, inoltre, con AIMA, dove conduce gruppi di stimolazione/riabilitazione cognitiva.
Laureatasi in Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi di Padova, con specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Comportamentale presso l’Istituto Watson di Torino e riconosciuta come “Accredited Practitioner in EMDR” (Esperto) dall’EMDR Europe Association, la Dott.ssa Alessandra Di Cola si è perfezionata in Neuropsicologia e Brain Training, in Psico-oncologia e in Ipnosi e Tecniche di rilassamento applicabili anche alla gestione del dolore. Attualmente è consulente presso una Casa di Cura e svolge la libera professione nel suo studio privato in Vercelli. Collabora, inoltre, con AIMA dove conduce gruppi di stimolazione/riabilitazione cognitiva.
Photo Credit @Lara Zacchi