Assistenza anziani: evitare lo stress e aiutare se stessi
La condizione di caregiver, cioè una persona che si occupa di un’altra tramite assistenza, può portare a una situazione di isolamento. Forse perché è più facile chiedere aiuto quando si ha un malessere fisico, mentre è più difficile cercare sostegno in un momento di incertezza legato a qualcosa di più intimo.
Una delle conseguenze di questa chiusura all’interno può essere il cosiddetto burnout, ossia una forma di stress molto acuta, tipica di chi trascura se stesso e i propri bisogni per aiutare qualcun altro. Per questo motivo bisogna innanzitutto fare un passo indietro, ripartire dalla situazione sicuramente difficile che si sta affrontando, capire che è giusto chiedere aiuto, non solo per se stessi, ma anche per la persona che si sta assistendo.
In passato ci siamo occupati del tema suggerendo alcuni metodi per prevenire il rischio, perché proprio di rischio si tratta. I sintomi esistono, ma possono essere difficili da riconoscere, oppure possono essere messi in secondo piano rispetto ad altre esigenze che in un certo momento appaiono più pressanti. Tra questi “indizi” la perdita di peso, irregolarità nel sonno, la rinuncia ad abitudini quotidiane: tutto questo può portare ad una forma di depressione.
È particolare – ma è un valido esempio – la storia dell’americano Mark Donham, che qualche anno fa decise di raccontare la malattia di Alzheimer della moglie su YouTube. Dopo aver lasciato il lavoro per assistere 24 ore al giorno la moglie, si gettò anima e corpo nel nuovo compito. Alcuni anni dopo la morte della moglie, Mark, che nel frattempo è entrato in un gruppo di supporto, ricorda oggi così quel periodo:
È stato stressante e faticoso. Quando sei nel mezzo dell’assistenza, non ti rendi conto di cosa significa assistere te stesso.
Quali soluzioni quindi? Compagnia, innanzitutto. Vincere quel senso di vergogna che potrebbe nascere nel chiedere aiuto a qualcuno e trovare qualcuno che aiuti a sostenere il peso o che almeno condivida la stessa esperienza. Negli Stati Uniti esistono molte associazioni a tale scopo (anche siti online come Caring.com), in particolare orientate a quelle persone che assistono parenti affetti da Alzheimer. Su tutte Beyond Alzheimer creata da Patti Davis, figlia di Ronald Reagan. La famiglia Reagan ha una lunga e importante storia legata alla patologia e alla diffusione della consapevolezza su questa, come abbiamo trattato in questo articolo. Patti Davis ha dichiarato:
Le persone si sobbarcano un carico troppo pesante e lo stress diventa una condizione normale per loro. A poco a poco il sistema immunitario si consuma. In realtà loro stessi sono malati.
A quest’ultimo proposito, un dato particolare è quello per cui lo stress da caregiver può continuare per altri tre anni dopo la fine dell’esperienza. Quindi gruppi di sostegno, psicologi, amici: sono questi gli strumenti. Le conseguenze sono incontri, conversazioni, suddivisione del carico di responsabilità, una semplice valvola di sfogo. Alcuni esempi sul territorio italiano: l’associazione Career, attiva in Emilia Romagna, si occupa di promuovere i bisogni di chi fornisce assistenza; la Fondazione Manuli – Onlus, con sede a Milano, è un ente senza scopo di lucro che si occupa di organizzare servizi rivolti ai malati di Alzheimer e alle loro famiglie; nella zona di Carpi opera un gruppo di assistenza familiari Alzheimer che offre ore di assistenza qualificate e gratuite. Queste sono solo alcune delle realtà che operano sul territorio nazionale.
Fonte: NYT