Genitori anziani attivi più a lungo: da dove partire?
Anziani attivi, più a lungo. L’invecchiamento della popolazione impone nuovi modelli di gestione della “longevità”: l’Italia, in particolare, è tra i Paesi con il più elevato tasso di longevità e con un’aspettativa di vita pari a 82 anni. Non sempre l’invecchiamento avviene in buona salute e ancora troppo sottovalutato è l’aspetto della prevenzione, pedina fondamentale per una lunga vita serena.
Capita quindi che una “figlia caregiver” – colei che si occupa in prima persona delle esigenze di assistenza e cura del proprio genitore – si trovi impreparata, con un senso di crescente disagio. Le fragilità di un genitore aumentano nel tempo, si sommano “più patologie”, aumenta il carico delle medicine, le malattie sono spesso non immediatamente identificabili, possono intervenire peggioramenti improvvisi.
Cosa può fare una figlia per prevenire questo “crollo” e a chi si può rivolgere?
Il Professor Bruno Solerte, Geriatra, ci aiuta ad esplorare un tema così delicato e a rispondere ai dubbi di una figlia.
Partiamo da una domanda di contesto: quando si definisce anagraficamente “anziana” una persona?
“La definizione anagrafica di anzianità si colloca oltre i 65 anni, anche se ovviamente una persona può essere fragile e già compromessa, fisicamente e cognitivamente, anche prima di questa età. I concetti di “invecchiamento” ed “essere anziani”, quindi, non sono la stessa cosa” sottolinea il Prof. Solerte “Questa distinzione ci aiuta ad identificare tre diverse fasi in cui si può trovare una persona anziana e che è fondamentale saper identificare per poter attuare eventuali azioni di prevenzione e cura avvalendosi anche dell’ausilio di specialisti e di centri clinici che possano rispondere positivamente ai loro bisogni.
In una prima fase il genitore anziano può essere apparentemente sano, attivo fisicamente ma anche a livello cognitivo e relazionale: questi soggetti rappresentano più della metà delle persone oltre i 65 anni di età. Nella seconda fase l’anziano è invece fragile o vulnerabile e questa condizione è preceduta da uno stato di “incubazione clinico biologica” definita con il termine di prefragilità, in cui si presentano i primi sintomi correlati all’invecchiamento. Interessa almeno il 25-30% della popolazione anziana, ma può essere già presente prima, intorno ai 50/60 anni. Ad invecchiare, quindi, si incomincia presto.
La terza condizione è quella degli anziani già compromessi, i pazienti geriatrici, che presentano numerose problematiche definite “comorbilità” e che hanno un alto carico assistenziale da gestire in percorsi individuali. Questa condizione coinvolge circa un terzo dei soggetti fragili”.
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Una famiglia come può orientarsi rispetto a queste tre condizioni e come deve comportarsi per mantenere il più a lungo possibile il benessere e l’autonomia del proprio caro?
“I familiari devono prima di tutto sapere in quale livello si trova il proprio familiare e questa analisi può essere fatta soltanto grazie all’aiuto di un Geriatra, esperto del mondo legato alle fragilità dell’invecchiamento. E’ importante affidarsi ad un centro specialistico, organizzato attraverso percorsi di cura specifici, che possa seguire la persona anziana con una visione integrata ed “olistica”, osservando e analizzando nel complesso le condizione sociali, psicologiche, affettive, non solo fisiche, del paziente. Le famiglie con anziani si sentono spesso abbandonate dal sistema sanitario, ad oggi centrato sull’ospedale: il luogo meno adatto per approfondire le esigenze e problematiche di chi invecchia”.
Quindi è difficile capire i bisogni del proprio caro senza prima aver identificato il suo stato di salute reale, giusto?
“Proprio così. Non bisogna sottovalutare i segnali di invecchiamento precoce: sono possibili campanelli d’allarme per evidenziare in maniera tempestiva ciò che determinerà il precipitare della situazione, da uno stato di apparente normalità ad uno stato di prefragilità e fragilità” continua il Prof. Solerte “Prevenire insomma è fondamentale, ma non è semplice, soprattutto quando i primi segni della fragilità non sono evidenti, o quando si manifestano troppo tardi.
Per identificare con precisione se il proprio genitore sta invecchiando in modo naturale o se sono già presenti sintomi di fragilità su cui poter intervenire, ci si deve affidare ad uno specialista come il Geriatra.
Si tratta del momento più delicato che non può essere risolto all’interno del nucleo familiare e nemmeno dal Medico di Medicina Generale, il cui ruolo sarà fondamentale in un secondo momento, quando cioè è stata definita con esattezza la condizione della persona anziana. Il Medico di famiglia assume un ruolo chiave nella continuità assistenziale, soprattutto se assistito da una figura geriatrica di riferimento”.
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Cosa può far scattare il campanello d’allarme nella mente di una figlia?
“La situazione più frequente è quella di una persona apparentemente sana e attiva che incomincia a manifestare delle prime avvisaglie, che vengono confuse con i segnali dell’età che avanza. Quando, al contrario, si tratta di reali patologie. Stanchezza, mancanza di forza, difficoltà nella camminata, oggetti che sfuggono frequentemente di mano, difficoltà alla guida dell’autoveicolo, incapacità a gestire minimi sforzi, uno stato insolito di irrequietezza, perdita di autonomia nelle decisioni più semplici, insonnia, difficoltà improvvisa a trattenere l’urina, amnesie ricorrenti, ripetitività, anomala aggressività, respiro pesante, affannato, distrazione: sono solo alcuni esempi ma spesso c’è molto altro.
Questi sintomi vanno evidenziati precocemente e analizzati grazie all’aiuto di un professionista nel campo geriatrico che inserirà il genitore in un percorso clinico dedicato. La fragilità è in agguato e ogni ritardo nella corretta diagnosi può rendere irreversibile una situazione prima facilmente controllabile.”
E se l’anziano, si trova nella terza fase, e quindi è già compromesso cosa bisogna fare?
“La regola fondamentale, in questo caso, è di cercare di recuperare, o mantenere, il più possibile l’autosufficienza globale del genitore anziano, senza subire ulteriori perdite. Come? Affidandosi alla visione olistica del Geriatra che, grazie ad un approccio multidimensionale, non ha confronti con nessun’altro strumento medico sanitario.
E’ opportuno valutare i bisogni clinici della persona e agire facendo riferimento a percorsi di cura multispecialistici, coordinati da un internista geriatra che agisce con l’aiuto di infermieri specializzati e terapisti riabilitativi. Il tutto a disposizione dei familiari che ne fanno richiesta. Invecchiare è inevitabile, ma farlo male è sicuramente evitabile”.
Prof. Bruno Solerte: laureato in Medicina e Chirurgia, specializzato in Medicina Interna ed Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Pavia. Oggi dirige l’unità operativa complessa di Geriatria e Diabetologia presso l’ASP di Pavia e la Scuola di Specializzazione in Geriatria dell’Università di Pavia. E’ Professore universitario di ruolo presso il Dipartimento di Medicina Interna di Pavia. Ha condotto numerose ricerche cliniche e sperimentali in ambito geriatrico, diabetologico ed endocrinologico, coordinando la formazione medica e specialistica di medici geriatri che dal 1981 operano a livello nazionale ed internazionale. E’ Consulente del Centro Diagnostico Italiano di Milano e del gruppo Hospita RSA Porta di Milano, opera a livello specialistico a Pavia e Tortona.