3 fasi da affrontare per un figlio caregiver
Il viaggio che deve affrontare un figlio caregiver non è mai facile: può portare gioia donare cura e assistenza ad un genitore in difficoltà, ma ci sono anche sfide difficili da affrontare.
Ci sono momenti in cui si può sentire il bisogno di mollare tutto, staccare la spina per un attimo e fare un respiro profondo per poter riprendere in mano il controllo della situazione.
Capita di potersi sentire tristi, deboli, frustrati e, il paradosso, è di sentirsi in colpa provando questi sentimenti.
Il primo passo è ammettere che va bene sentirsi stanchi, è assolutamente normale e umano. Questo non significa essere dei cattivi figli, o non amare la propria famiglia, ma al contrario: i momenti negativi semplicemente capitano.
Si può essere caregiver per poco tempo o per un tempo molto lungo, si possono avere tanti soldi da poter investire nell’assistenza o non averne affatto. Ma, nonostante queste differenze, che caratterizzano la situazione personale di ogni individuo, ci sono delle fasi trasversali che accomunano ogni percorso e in cui ci si può riconoscere.
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1. Incredulità
Quando un genitore ha bisogno di assistenza per svolgere le azioni del proprio quotidiano, qualunque figlio prova un sentimento di incredulità e si chiede: “Come mai é successo proprio a me?”
Può essere scioccante vedere i propri genitori deboli e indifesi e accettare che abbiano bisogno di aiuto. Altrettanto scioccante è scoprire che in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, la figura del Caregiver non sia riconosciuta giuridicamente.
Questa è la fase dell’orientamento: meglio non prendere nessuna decisione fino a quando non si ha un’idea più precisa della situazione. E’ importante riconoscere di essere un caregiver, cominciare a chiedere l’aiuto che serve e riadattare la propria vita alla nuova realtà.
2. Accettazione
Questa è la fase dell’orientamento: meglio non prendere nessuna decisione fino a quando non si ha un’idea più precisa della situazione. E’ importante riconoscere di essere un caregiver, cominciare a chiedere l’aiuto che serve e riadattare la propria vita alla nuova realtà.
3. La fine
Una delle più grandi contraddizioni che un caregiver può provare a livello emotivo è quello di sentirsi distrutto dal dolore e , allo stesso tempo, sollevato dalla morte di un genitore. Quando è tutto finito, non si perde soltanto una delle persone che si amano di più al mondo, ma anche un ruolo attorno al quale si era costruita la propria vita.
Chi resta difficilmente prova un vero sollievo. Si può però usare la propria esperienza per offrire aiuto ad altre famiglie che stanno attraversando la stessa situazione, attraverso consigli, per esempio, o presiedendo gruppi di sostegno.
Se anche tu hai un genitore fragile, cerca in VillageCare l’aiuto di cui hai bisogno: contattaci qui.
Fonte: Daughterhood.com