Vita con Alzheimer: il giornalista Greg O’Brien si racconta giorno dopo giorno
“Ora è il mio turno”. Il giornalista americano Greg O’Brien, autore del testo “Su Plutone: dentro la mente di un malato di Alzheimer”, usa un linguaggio molto diretto per comunicare al mondo di essere affetto dalla grave patologia. Frasi brevi, chiare, che colpiscono il lettore per la loro schiettezza e per la forza dell’autore che ha deciso di mettere la propria storia al servizio di una maggiore comprensione della sindrome e di ciò che questa rappresenta dal punto di vista dell’esperienza di vita con Alzheimer del malato.
Scrive O’Brien: “Se vogliamo vincere questa battaglia, avremo bisogno di confrontarci con la portata del problema e impegnarci duramente per trovare una cura. Non per me, ma per i miei figli, e per te e per i tuoi figli, e per la mia intera generazione e le loro famiglie e i loro cari, che abbastanza presto si troveranno ad affrontare questo demone strisciante”.
La sua esperienza di vita con Alzheimer, “il demone della malattia”, come lo definisce, inizia nel 2009, quando a 59 anni gli vengono diagnosticati i primi sintomi della sindrome, due settimane dopo aver scoperto di avere un tumore alla prostata. O’Brien ha deciso di non trattare quest’ultima malattia, motivando così la sua decisione: “il mio piano è far sì che il cancro mi uccida prima che i sintomi dell’Alzheimer peggiorino troppo. Non voglio trascinare mia moglie e i miei figli a quelle ultime fasi dell’Alzheimer, che abbiamo già vissuto da vicino con altri parenti”.
Il periodo di sconforto ha lasciato spazio a nuove energie, anche grazie al sostegno della famiglia, e culminate nella pubblicazione del volume di oltre mille pagine in cui O’Brien racconta la sua esperienza. Nel 2016, a 66 anni, si definisce un lottatore per la sopravvivenza contro l’Alzheimer. Ma è anche un testimone sincero e diretto degli effetti concreti della malattia nella vita di tutti i giorni.
Punto di partenza del confronto, almeno per il protagonista-narratore di questa storia vera, sono le dure esperienze di tutti i giorni. Il giornalista ad esempio racconta di come, durante un volo, abbia quasi tirato per sbaglio la leva del portello d’emergenza credendo fosse quella del bagno, di come ogni giorno debba confrontarsi con domande che vengono date per scontate, di come anche lavarsi i denti sia diventato un gesto da compiere con attenzione.
Il lavoro di O’Brien cerca quindi di bilanciare questi due aspetti: da un lato il racconto fedele delle sue esperienze quotidiane, dall’altro il senso più emozionale della tragedia personale che sta vivendo. Paura, depressione, rabbia sono i termini utilizzati da un uomo che, come dichiara lui stesso, per tutta la vita ha potuto contare sulla mente come alleata e amica preziosa (un “carro armato senza benzina”), e che ora inizia a perdere ogni “speranza di riconciliazione”.
Ma c’è speranza nel resoconto del giornalista, e voglia di costruire un racconto della quotidianità che possa vivere dopo di lui: “il mio libro è un programma fatto di strategia, fede e umorismo; un focus quotidiano su come sia vivere con l’Alzheimer, e non come sia morirne; la speranza che, anche quando tutto sembra perduto, in realtà non lo è”.
Fonte: Washington Post