Parkinson: ecco come la telemedicina riduce distanze e costi
Il rapporto tra medico e paziente è centrale nella telemedicina, che grazie alle risorse informatiche oggi diffuse è in grado di mettere in contatto il malato con una figura specializzata capace di fornire servizi e informazioni. Il Parkinson, sindrome in cui la prevenzione e l’analisi dei sintomi sono fondamentali, è uno dei campi di applicazione più interessanti e immediati.
Lo è in Italia (sul Parkinson segnaliamo un progetto sperimentale avviato negli anni scorsi presso il policlinico di Palermo), in verità meno sviluppata rispetto al resto dell’Europa, che viaggia ad altre velocità. Nel nostro Paese infatti le linee guida del Ministero della Salute sulla materia sono state recepite nel 2014: direttive nazionali che sfociano in realtà locali, ma le possibilità sono molte e auspicabili, considerati anche i costi minori per la sanità.
Dagli Stati Uniti parte un programma, al momento ancora limitato, lanciato dalla University of Rochester Medical Center. A 500 newyorkesi affetti dal Parkinson verrà offerta assistenza gratis tramite gli strumenti della telemedicina. Se abbattere le distanze e ridurre i problemi, di salute e di costi, legati agli spostamenti, è importante, lo è a maggior ragione nel caso delle conseguenze del Parkinson, che limita la mobilità di chi ne è affetto. Il neurologo Kevin Biglan ha dichiarato:
Fornire assistenza coordinata e continua ai malati di Parkinson secondo i modi tradizionali in una struttura medica richiede alle persone e ai loro caregiver e famigliari di viaggiare, spesso per lunghe distanze, ed è costoso per chi paga e per i pazienti. Il programma spezzerà le barriere della geografia e porterà l’assistenza direttamente ai pazienti che non hanno mai visto uno specialista nella comodità della propria abitazione.
In concreto i partecipanti al programma riceveranno chiamate digitali (teleconferenze) a casa da parte di specialisti. I medici coordineranno piani per ogni paziente, secondo le sue particolari esigenze, indicando consulenze con specialisti (fisioterapeuti, terapisti del linguaggio) e sviluppando delle valutazioni nel tempo. Viene dato spazio anche ai sintomi non motori. Per combattere la depressione, la fondazione di Michael J. Fox sta valutando gli effetti di una terapia, anche questa a distanza, una sorta di “telefono amico”.
Le nuove tecnologie quindi vengono sfruttate a più livelli. È stata sviluppata una app che utilizza dei sensori nell’iPhone per misurare la destrezza, l’oscillazione della voce, l’equilibrio e la memoria. Queste misurazioni vengono tracciate e condivise con lo specialista, che può ricavare un’analisi nel breve-lungo periodo. Le statistiche ci confermano l’esigenza di estendere l’accesso a più pazienti possibili: si stima che circa il 40% dei malati di Parkinson non abbia mai consultato un neurologo.
Fonte: prnewswire – michaeljfoxfoundation